Una lista che ha guardato anche al passato, e sono contemplati i nomi dei classici latini, come le Metamorfosi di Ovidio e l’Eneide di Virgilio. Per l’Ottocento, segnalata un’opera di Giacomo Leopardi, i Canti. Il Novecento è rappresentato da La coscienza di Zeno di Svevo e da La storia di Elsa Morante.
Sono solo alcuni dei capolavori della letteratura italiana menzionati nella lista dei 100 migliori libri di tutti i tempi. Quando si tratta di cultura e arte, noi italiani ne usciamo sempre bene: siamo a detta di tutti uno tra i paesi più prolifici.
Nell’elenco dei 100 migliori libri non è stato però inserito il libro più conosciuto al mondo.
Dopo la Bibbia ed il Corano, il libro più tradotto, più stampato, più adattato e più letto dell’intero pianeta è “Le avventure di Pinocchio”.
Infinita la lista di riduzioni teatrali, cinematografiche, ballettistiche e musicali. E sembra che, col tempo, questa febbre pinocchiesca oltre a non abbassarsi, negli ultimi tempi comporti anche un’epidemia. In Europa, soltanto l’anno scorso, sono state fatte almeno 50 riduzioni tra teatro, danza e musical.
Le avventure di Pinocchio venne pubblicato per la prima volta nel 1883 dal giornalista fiorentino, critico e autore di teatro e di libri per l’infanzia Carlo Lorenzini, in arte Collodi.
Per la complessità dei suoi significati ha fornito lo spunto a innumerevoli interpretazioni, non solo in chiave pedagogica, ma sociologica, storica e anche psicoanalitica, ha stimolato la fantasia di scrittori, autori di teatro, musical, cartoni animati, cinema e film per la televisione.
Ma il vero capolavoro di Pinocchio, è che più di qualsiasi altro libro rappresenta l’italianità in modo coì emblematico e completo. A cominciare dai suoi vestiti, che raffigurano la bandiera italiana(blusa e cappello rosso, colletto bianco e calzoncini verdi) i personaggi ed i luoghi(i carabinieri, il gatto e la volpe, il paese dei balocchi, il circo di mangiafuoco) sono un’ identificazione dell’Italia e degli italiani di fine 800.
Non solo: Pinocchio rappresenta lo stereotipo dell’italiano a tal punto che anche gli stranieri, quando vogliono denigrarci ed evidenziare le nostre pecche, ci apostrofano come “il paese dei Pinocchi”.
Non c’è personaggio di fiaba che si identifichi tanto palesemente con la propria nazione come il nostro burattino di legno. Capuccetto Rosso, Barbabù, Biancaneve, Pollicino potrebbero essere di una qualsiasi nazione del globo terrestre. Pinocchio no: può essere solo e soltanto italiano. Con tutti i pregi e i difetti che questo comporta, è in simbiosi con la nostra penisola in tutto e per tutto. E’ il vero rappresentante del made in italy, icona dell’italian style: dove c’è Pinocchio c’è Italia.
La fiaba, pur terminando con un lieto fine, fa si che il lettore porti sempre nel cuore il burattino più amato del mondo.
Alla fine della storia infatti, Collodi elimina la propria creatura – quel burattino di legno che appena ha le mani strappa la parrucca a Geppetto e quando ha i piedi gli sferra un calcio -, la ‘uccide’ trasformandola in un bambino per bene.