Il terreno dove è stata messa la prima piantagione è a Conversano in provincia di Bari. L’obbiettivo non è “lucrativo” ma informativo e divulgativo, hanno spiegato Claudio Natile e Carmine Campaniello, ideatori dell’associazione e del progetto “Cana-Puglia”: sono stati prodotti cibi a base di farina di canapa ottima anche per chi ha la “celiachia”, come la “pizza sativa”; poi sono in cantiere visite scolastiche e seminari dedicati all’uso alimentare della canapa, ricca di omega 3-6 e proteine; la collaborazione con un imprenditore tessile della zona puntando sulla qualità dei prodotti in canapa. E non ci saranno solo gli usi tradizionali come quelli in campo tessile: per esempio, nel campo tecnologico, si sperimenterà una maniera di bonificare terreni contaminati da particolari inquinanti tramite questa coltura.
Illustrare e divulgare informazioni sulle risorse di una pianta dai “mille usi” (come recita lo slogan in foto), condannata all’oblio per quello che si può considerare il più inutile alla società, senza voler cadere in alcun moralismo e non volendo giudicare nessuno, cioè quello di usarlo come sostanza stupefacente.
Sul loro gruppo facebook viene spiegato come è nato il progetto che riprenderà l’utilizzo di questo tipo di coltivazione dopo circa 70 anni di abbandono, sovvenzionato con un primo finanziamento regionale superiore ai ventimila euro: “CanaPuglia è un progetto presentato in regione Puglia con il bando Bollenti Spiriti 2010. Si è classificato al 116 posto in graduatoria su 2050 progetti presentati in totale! Nel mese di Aprile 2011 sorgerà a Conversano, in provincia di Bari e darà subito avvio alle iniziative in programma”.
Diverse istituzioni e associazioni parteciperanno all’iniziativa: WWF Puglia, la Facoltà di Agraria dell’ateneo barese, Coldiretti Puglia, Coordinamento italiano per la canapicoltura, Confagricoltura pugliese, la rivista Carta Canta e il Comune di Conversano.
Non bisogna dimenticare come questo tipo di coltivazione è stato importante per il “made in Italy” e per l’economia italiana fino al quarto decennio del novecento.
Invece l’altro tipo di coltivazione, quello illegale e perseguito penalmente anche se “per uso personale” nel nostro paese, fomentato dal proibizionismo proprio in quegli anni negli Usa e nei decenni successivi in Italia, rappresenta ancora oggi gran parte dei proventi delle narcomafie, beneficiarie di quello scetticismo e di quelle riserve di stampo “medioevale” che condannano anche i tipi di canapa non equiparabili alla “stupefacente” marijuana, poiché mancanti dei principi droganti.
Paolo Maria Addabbo