Ogni volta che c’è un disastro, come quello legato al terremoto di Amatrice, ci si chiede come sia stato possibile e perché non si è vigilano nel momento in cui le case erano costruite. In realtà ci sono anche altri costi che i comuni pagano e sui quali si riflette pochissimo. Per esempio il costo della Protezione Civile.
Un report pubblicato su Open Polis spiega che nelle grandi città italiane si spendono meno di 3 euro a persona per finanziare a livello locale l’attività della Protezione Civile attraverso il sostegno per la gestione di sedi, strutture e mezzi. Ci sono città come Trieste in cui si investe pochissimo, appena 0,24 centesimi a persona. E posti come Venezia o Napoli, in cui s’investo rispettivamente 8,48 e 4,37 euro.
Eppure in caso si calamità naturali è la Protezione civile ad occuparsi della gestione e del controllo degli interventi. Per una legge che è entrata in vigore nel 1992, il servizio di protezione civile è offerto non più soltanto da organizzazioni istituzionali come i vigili del fuoco, l’esercito o altri enti pubblici. Oggi anche privati cittadini e associazioni di volontariato possono essere inseriti nel sistema anche se poi il coordinamento spetta sempre al dipartimento istituito presso la presidenza del consiglio.
Ma perché s’investe così poco nella sicurezza? In realtà lo spettro è ampio perché a fronte di città come Venezia che per la protezione civile spendono 8,48 euro per ogni residente, ci sono città, anche grandi, in cui la spesa è al di sotto dell’euro procapite. È il caso di Torino, Milano, Padova, Bologna, Bari e Trieste. La capitale, tanto per chiudere il cerchio, spende mediamente 3,02 euro a persona per questo genere di sicurezza.