A inquietare maggiormente molti settori della società civile, il fatto che fonti giornalistiche europee vedono la partecipazione di aerei da guerra italiani, oltre a mercenari sempre “tricolori”, dietro le violenze in Libia. Intanto sulle spiagge libiche vengono seppellite schiere di cadaveri (in foto sotto), e la guerra ai dissidenti continua in maniera subdola: il dittatore da un lato minimizza la rivolta per la democrazia accusando paesi esteri e fantomatici “sovversivi” di minare l’ordine costituito. Ma poi, subdolamente e negando l’evidenza, reprime violentemente la ribellione con mercenari e polizia.
IL DISCORSO DI GHEDDAFI
Diversi sono i punti del discorso di Gheddafi in cui si attacca direttamente la penisola così vicina geograficamente ed economicamente. Oltre alla “combutta” con gli americani sopraccitata, usa demagogicamente la storia e dice, sfruttando una delirante retorica: “all’epoca l’Italia, che era un impero grande, fu sconfitta sulla terra libica” e poi rincara la dose: “tutte le nazioni rispettano e guardano con timore alla Libia grazie a me, in particolare l’Italia”. Le sue intenzioni sono chiare, e trapelano da frasi deliranti e contraddittorie, quelle di fomentare la guerra civile: “non è forse giusto giustiziare questi giovani sovvertitori e ribelli?” chiede con tono da domanda retorica; e poi ancora: “resterò capo della rivoluzione fino alla morte”, e pur mettendo in conto il rischio di essere “martirizzato” è capace di affermare: “la Libia non è un paese in guerra” e poi ancora annunciare che sederà le rivolte “come in piazza Tienanmen”.
IL GOVERNO ITALIANO RISPONDE
Il governo italiano, ieri, si è pronunciato più nettamente contro le violenze auspicando che “si ponga fine all’orrendo flusso di sangue”, ha riferito in parlamento il ministro degli esteri Frattini che poi ha sottolineato la “retorica anti-italiana” del presidente libico e ha continuato a esprimere timori per circa 350000 (1500000 secondo l’agenzia europea Frontex) migranti prossimi ad approdare sulle coste italiane. Berlusconi ieri sera ha telefonato Gheddafi per fare un appello diretto, col fine di fermare gli scontri, ma il contenuto della telefonata non è stato reso noto. Ora la maggioranza, grazie a questa azione del premier, si vanta di essere stata l’unica di un governo europeo a intervenire direttamente per una risoluzione pacifica della vicenda, ma per le opposizioni questa presa di posizione è troppo in ritardo e mite.
Mentre il ministro degli esteri parlava ieri a Montecitorio Berlusconi, dagli “Stati Generali di Roma Capitale”, spiegava che bisognava dire “basta alle violenze” soprattutto perché preoccupato per il rischio della degenerazione in “fondamentalismo islamico”; bisogna ricordare che quattro giorni prima aveva dichiarato: “preferisco non telefonarlo perché non lo voglio disturbare”…
Il Pd rivendica un intervento più forte in ragione del trattato “italo libico” e dei rapporti storico-coloniali con il paese. A proposito dell’interruzione dei trattati, Bossi ha detto facendo capire che devono essere mantenuti: “non esageriamo”. Il leader padano ha commentato così il discorso del “raiz”: “sembra uno che ha visto la piazza, ha avuto paura e ha perso la testa”. E con brutale semplicità ha liquidato quel Berlusconi che “non voleva disturbare” il dittatore: “Un’uscita pessima!”. Così risolve il problema dei prossimi flussi migratori: “li mandiamo in Francia e Germania”.
LE REAZIONI DELLE OPPOSIZIONI
Il Pd nel 2009 supportò in parlamento il “TRATTATO DI AMICIZIA, PARTENARIATO E COOPERAZIONE TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA GRANDE GIAMARIRIA ARABA LIBICA POPOLARE SOCIALISTA”. A votare contro furono due voci “fuori dal coro” del Pd: Furio Colombo e Andrea Sarubbi), l’Idv, i radicali e l’Udc; Casini ci tiene a ricordare che “quel baciamano” (riferito a Berlusconi che bacia la mano di Gheddafi, in foto sopra) è stato fuoriluogo per la nostra immagine internazionale, anche se non bisogna ricondurre il rapporto con Gheddafi “contro Berlusconi”, ma poi “contro Berlusconi” rivendica la sua avversione al trattato in tempi non sospetti. Lo stesso ha fatto il machiavellico Marco Pannella, che ha detto: “D’alema –precursore del trattato con la Libia ndr- e Berlusconi hanno sostenuto a livello internazionale Gheddafi, dittatore che ha assassinato la sua gente”. Anche l’Idv rivendica il suo ruolo in parlamento e attacca il Pd, e Leoluca Orlando parla di “mani sporche di sangue” riferendosi al maggiore partito di centrosinistra italiano. Molti nel PD, come Dario Franceschini, invece sostengono con forza che proprio la ratifica del trattato di amicizia tra Italia e Libia –in cui sono previsti anche 5 miliardi di dollari come risarcimento per il periodo coloniale ndr- e per un rapporto dialettico tra ex colonizzatori- colonizzati, bisogna intervenire con maggiore fermezza per favorire quel “vento democratico in nordafrica” di cui ieri parlava anche Berlusconi.
Insomma, mentre la maggioranza del Pd cerca di accusare il governo di aver “usato male” quello strumento che doveva essere il trattato, tutte le altre formazioni di opposizione fanno valere la loro coerenza contro l’accordarsi con un dittatore e accusano il Pd di aver redatto un trattato che, in pratica, determina violazioni di diritti umani e incidenti come quello del peschereccio siciliano “mitragliato” da una pattuglia navale libica con personale anche italiano. Rutelli, fondatore di Api, era assente alla votazione degli accordi in senato nel 2009, ma comunque a Tg3LineaNotte è stato capace di rivendicare con orgoglio la sua assenza a palazzo Madama a una Bianca Berlinguer che chiedeva “Ma lei ha votato contro?”, come se fosse un merito mancare alle votazioni invece di far valere il proprio voto contrario in parlamento e fare il proprio lavoro di opposizione politica.
“E’ scandalosa” la telefonata di Berlusconi per il presidente della Puglia, Vendola, c’era bisogno di contrastare senza remore Gheddafi perché “se uno fa lanciare bombe sulle piazze non si considera interlocutore della società civile”. Polemico anche il deputato “futurista” Aldo Di Biagio che vuole comunque “unire le forze per affrontare l’emergenza” ora che sono finiti i tempi di “amicizie ostentate, baciamani e tenda nel parco bisogna essere seri e prendersi le proprie responsabilità”.
Fino a questa mattina polizia, mercenari, bombardamenti aerei e da terra hanno cercato di spegnere la rivolta con una violenza inaudita. Nonostante questo gran parte del paese si trova, in queste ore, sotto il controllo degli insorti. Gheddafi è rintanato a Tripoli: i suoi miliziani vogliono creare un “cerchio di protezione” esteso per 50 km intorno alla città: è quella l’ultima roccaforte della “rivoluzione” e prima che crolli il dittatore ha minacciato di usare armi chimiche e di bombardare i pozzi di petrolio.
Paolo Maria Addabbo
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