Il numero delle aziende che escono dal mercato ha toccato ormai cifre record e le prospettive sul breve periodo non sono rosee.
Secondo l’Osservatorio sulle crisi d’impresa di Cerved group, ente che misura l’impatto della recessione sull’economia italiana, nei primi nove mesi dell’anno 2012, circa 55 mila imprese hanno chiuso i battenti, quindi circa 200 al giorno. A questi dati allarmanti si aggiungono i circa 9 mila fallimenti, 1.500 procedure concorsuali non fallimentari (+7,3 per cento) e 45.000 liquidazioni (+0,3 per cento). I dati dell’economia italiana sono i peggiori dell’ultimo decennio.
Le regioni che hanno subito le perdite più pesanti sono Marche e Lombardia, con un tasso di uscita pari al 3,7 per cento, seguite dalla Puglia, +3,6 per cento. Le chiusure crescono in particolar modo nei settori delle costruzioni (+9,9 per cento), del terziario (+6,3 per cento) e nella manifattura (+1,5 per cento). Seguono il sistema casa, il sistema moda, e il comparto utility/energia.
Sempre più imprenditori decidono di liquidare le proprie società, anche se si tratta di società sane, che probabilmente però hanno aspettative pessimistiche sul futuro. Tra le società che hanno ricorso alla liquidazione ci sono anche quelle considerate più affidabili, per circa 1/3 del totale. Le aziende ritenute più sane che hanno fatto ricorso alla liquidazione, sono state 285, con un incremento del 17 per cento rispetto all’anno scorso.
Gianandrea de Bernardis, amministratore di Cerved Group, dichiara che “è un aspetto che fa riflettere, soprattutto se a chiudere sono imprese che creano ricchezza. Capire le ragioni del fenomeno e il destino di queste società è fondamentale per invertire le tendenze in atto”.