Roberto Benigni ha incollato davanti allo schermo 15 milioni 398 mila telespettatori: è la terza serata del Festival di Sanremo, quella dedicata al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. È arrivato a cavallo, sventolando il tricolore, anche se “avevo qualche dubbio a entrare col cavallo: è un periodo in cui ai cavalieri non gli dice tanto bene”, ha esordito l’attore. Morandi è già preoccupato e, da un angolo del palco, ascolta Benigni. L’attore non riesce a trattenersi: “Tutto sto tempo perso con le procure per sapere se era nipote di Mubarak (parla di Ruby, ndr). Bastava andare all’anagrafe e vedere se Mubarak di cognome fa Rubacuori”.
Poi torna all’Inno. “Quando Mameli lo scrisse aveva 20 anni, e all’epoca si diventava maggiorenni a 21, quindi era minorenne. Qui sul palcoscenico di Sanremo la questione delle minorenni è cominciata con Gigliola Cinquetti che si era spacciata per nipote di Claudio Villa”. Quindi cita il testo. “Dov’è la vittoria”, sembra scritto dal Pd. Parlerò dell’unità d’italia solo – ha continuato Benigni -. L’Italia ha 150 anni e che sono per un Paese? Nulla. L’Italia è una bambina, una minorenne”.
Poi ha dato lezioni sull’Inno di Mameli: un’interpretazione appassionata, analizzando il testo parola per parola, ricollegandosi al presente. Infine, prima di concludere il monologo di 50 minuti, Benigni immagina un ragazzo sul campo che ripensa alle parole dell’Inno e lo canta. Così, senza musica, solo con la voce, l’attore intona l’Inno d’Italia. Per lui una standing ovation.
Serena Marotta
Poi torna all’Inno. “Quando Mameli lo scrisse aveva 20 anni, e all’epoca si diventava maggiorenni a 21, quindi era minorenne. Qui sul palcoscenico di Sanremo la questione delle minorenni è cominciata con Gigliola Cinquetti che si era spacciata per nipote di Claudio Villa”. Quindi cita il testo. “Dov’è la vittoria”, sembra scritto dal Pd. Parlerò dell’unità d’italia solo – ha continuato Benigni -. L’Italia ha 150 anni e che sono per un Paese? Nulla. L’Italia è una bambina, una minorenne”.
Poi ha dato lezioni sull’Inno di Mameli: un’interpretazione appassionata, analizzando il testo parola per parola, ricollegandosi al presente. Infine, prima di concludere il monologo di 50 minuti, Benigni immagina un ragazzo sul campo che ripensa alle parole dell’Inno e lo canta. Così, senza musica, solo con la voce, l’attore intona l’Inno d’Italia. Per lui una standing ovation.
Serena Marotta