Manca la normativa nazionale a sostegno e quindi il congedo per l’assistenza a un figlio neonato, ai 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici non è concesso, al contrario dei dipendenti privati. Lo comunica il Dipartimento per la Funzione Pubblica.
Il Dipartimento della Funzione pubblica ha quindi bloccato per i dipendenti statali il congedo parentale del padre in caso di nascita del figlio, previsto dal comma 24 dell’articolo 4 della legge 92/2012. In linea generale, la disciplina dei congedi parentali prevede un giorno di congedo obbligatorio per il lavoratore che diventa padre da usufruire nei primi cinque mesi dalla nascita del figlio e di altri due giorni facoltativi a disposizione sempre nello stesso periodo.
Questo non vale però per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni perché questa applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione. Si ricorda che durante i primi otto anni di età del bambino i genitori hanno il diritto di assentarsi dal lavoro, anche contemporaneamente. Più precisamente, la madre può astenersi per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 6 mesi, mentre il padre per un periodo non superiore a 7 mesi.
Il genitore è tenuto a dare un preavviso di almeno 15 giorni al datore di lavoro; il padre lavoratore dipendente può fruire dei riposi giornalieri anche nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, ma deve essere dimostrata l’impossibilità della madre di dedicarsi alla cura del neonato.
Durante i giorni del congedo, il padre riceverà un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione, che sarà versata direttamente dall’Inp, ma spetta al padre comunicare almeno due settimane prima e in forma scritta o telematica al datore di lavoro i giorni in cui intende usufruire del congedo.
Si tratta dunque di una esclusione temporanea e la Pubblica Amministrazione dovrebbe adeguarsi all’inizio di maggio.