Napoli: occhi puntati sul Vesuvio

Sovrasta Napoli, maestoso e silenzioso: il Vesuvio, alto 1281 metri, è un vulcano attivo, ma definito in “quiescenza”. L’ultima esplosione risale ormai alla fine di marzo del 1944, quando le truppe anglo-americane ripresero e documentarono nei loro cinegiornali le fontane di lava e la pioggia di ceneri che uccise 26 persone. Da quella data il vulcano dorme e inquieta, perché nessuno sa quando si risveglierà dal suo sonnellino.
Gli occhi sono tutti puntati su di lui: gli esperti avvisano che, in base ai cicli naturali, la ripresa dell’attività vesuviana è già in ritardo, quindi bisognerà stare attenti e prepararsi.


Stavolta, se il vulcano dovesse decidere di destarsi, anche Napoli verrebbe interessata dall’eruzione. Per questo motivo, una parte della città partenopea potrebbe rientrare in quella che viene definita “zona rossa” e circa un milione di persone sarebbero coinvolte nel piano di evacuazione.


Secondo le parole di Bertolaso, capo della Protezione civile, il Vesuvio rappresenta uno dei più grandi problemi. Lo scenario che si prospetta non è tra i più confortanti e ricorda molto quello della distruzione di Ercolano e Pompei dell’anno 79, vista fortunatamente soltanto nei film e nelle ricostruzioni storiche. L’esplosione del vulcano verrebbe preceduta da una serie di terremoti, seguita da una colonna di fumo e lava alta fino a 20 chilometri e conseguente caduta di cenere.Ci sarebbe al massimo una settimana di tempo per evacuare la popolazione, nel caso peggiore non più di 3-4 giorni.
Dita incrociate, dunque, nella speranza che il Vesuvio decida di dormire ancora un po’, o, se proprio ha deciso che è il momento di farsi sentire, nella speranza che l’emergenza venga gestita nella maniera migliore e la catastrofe venga evitata.

Antonella Gullotti

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