Paolo Gabriele, il maggiordomo di Papa Benedetto XVI accusato per la fuga di documenti riservati della Santa Sede poi pubblicati, e arrestato lo scorso 23 maggio, è stato rinviato a giudizio. La sentenza è stata pronunciata in mattinata dal giudice istruttore presso il Tribunale di Stato della Città del Vaticano, Piero Antonio Bonnet. Resta a suo carico la pesante accusa di furto aggravato. Gabriele, già sottoposto a perizia psichiatrica, tra giugno e luglio, è stato dichiarato imputabile e la perizia era stata richiesta proprio per il contrasto fra le testimonianze su Gabriele, ritenuta “persona corretta e normale” e la sua confessione che indicavano un “atto estremamente grave”.
È stato rinviato a giudizio anche Claudio Sciarpelletti, analista programmatore della segreteria vaticana, accusato di favoreggiamento. Sciarpelletti, italiano, 48 anni, era stato arrestato lo scorso 25 maggio, accusato di concorso in furto aggravato, favoreggiamento e violazione di segreto, ma la sua posizione viene ritenuta marginale rispetto ala vicenda, dato che si tratta di un semplice conoscente di Gabriele.
E, nonostante il rinvio a giudizio, continuano le indagini sulla fuga di documenti della Santa Sede. Durante le perquisizioni domiciliari di Gabriele gli inquirenti hanno rinvenuto, non solo documenti sottratti dall’appartamento papale, ma anche una pepita d’oro e una preziosa edizione dell’Eneide risalente al 1581, oggetti che erano stati regalati al Pontefice.
Spunta anche un assegno di 100.000 euro intestato al Papa. Dalla sentenza resa pubblica oggi, è stato rinvenuto anche un dossier di 37 altri documenti nell’abitazione estiva a Castel Gandolfo utilizzata anche da Gabriele.