La procura di Genova ha inscritto nel registro degli indagati Tiziano Renzi, il padre dell’attuale premier, Matteo Renzi, con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Alcuni contributi figurativi versati al figlio sono ancora da spulciare.
I figli, si sa, non devono ereditare le colpe dei padri. Se è vero per tutti lo è anche per Matteo Renzi perchè è il padre e non lui ad essere finito nel registro degli indagati della Procura di Genova, in merito all’attività del Chil Post. Cosa c’entrerebbe il premier?
Certo Matteo Renzi è legato alla faccenda perché nella Chil Post che è fallita l’anno scorso, lui era stato assunto come dirigente, pochi giorni prima che l’Ulivo lo candidasse alla presidenza della provincia di Firenze. La vittoria in quel turno elettorale costrinse il premier ad andare in aspettativa e gli furono versati dei contributi figurativi conteggiando anche l’incarico aziendale.
Ma che poi il padre finisse tra gli indagati, non poteva saperlo. In più, finora, nessuno può dire che sia colpevole delle accuse che gli stanno lanciando. C’è però un fatto da mettere sul piatto della bilancia per arricchire il quadro: le dichiarazioni di Matteo Renzi rispetto all’indagine su Descalzi e il suo attacco contestuale alla magistratura.
Secondo il premier non sono certo i titoloni dei giornali a rendere l’ad dell’Eni colpevole. La magistratura deve abbassare i toni. L’ha detto qualche giorno prima dell’affare che ha coinvolto il padre. La sinistra ha quindi pensato che su Tiziano Renzi si sia abbattuta soltanto la vendetta delle toghe arrabbiate con il premier. La destra, nella persona di Gasparri, dice invece che si tratta di una giustizia ad orologeria.
Tiziano Renzi, intanto, non volendo rispondere al telefono per non alimentare le polemiche, ha rassegnato le dimissioni dalla sede del PD di riferimento ed ha detto di affidarsi alla magistratura che saprà certo raccogliere prove sufficienti per scagionarlo.