Una delle comunità più attive in Italia è sicuramente quella cinese. Prima di tutto qualche numero: 210 mila residenti e 41 mila imprese individuali, un’impresa ogni cinque residenti contro una media (considerando il resto degli stranieri), è di uno a dodici. È quanto emerge da uno studio della Camera di commercio di Milano, e si basa sui dati del registro imprese ed Istat degli anni 2012, 2011 e 2002.
Addirittura +232 per cento in dieci anni in Italia, +692 per cento a Napoli che guida le città italiane. Di imprese cinesi a Milano (che concentra il maggior numero di imprenditori, circa 2.800 imprese), ne nascono due nuove ogni giorno, una a Roma. Sono attive soprattutto nel commercio e nella fabbricazione pelle, ma ovviamente senza dimenticare bar, parrucchieri e centri massaggi.
Il 21 per cento dei cinesi nei comuni più popolati dell’Italia, e nella maggior parte dei casi queste imprese sono gestite da donne e giovani. Bortolussi (Cgia) ha dichiarato: “Spesso eludono gli obblighi fiscali e contributivi. Fuori mercato intere filiere italiane e la loro forte concentrazione in alcune aree del Paese sta creando non pochi problemi”. Infatti in Italia c’è il primato per l’evasione fiscale della comunità cinese.
A Milano sono concentrate in via Sarpi con oltre 100 imprese cinesi e nelle zone della stazione ferroviaria, come ad esempio a Roma (una impresa su otto ha sede tra Termini e la Basilica di Santa Maria Maggiore) e Palermo (il 25 per cento tra via Lincoln, via Oreto e Corso dei Mille), a Firenze troviamo le imprese dagli occhi a mandorla soprattutto tra via De’ Cattani e via di Brozzi.
A Torino, i corsi più frequentati sono Giulio Cesare e Regina Margherita mentre a Napoli tra le aree preferite c’è la zona di vico Duchesca. E c’è chi sta prendendo delle contromisure, e a Prato si pensa a una tassa sulle aziende di extracomunitari.