Mercoledì 28 aprile, come riferito in un rapporto riservato della Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica (NOAA), sarebbero state scoperte due nuove falle nella colonna montante danneggiata della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, distante 70 km dalle coste della Louisiana, e affondata il 22 aprile in seguito ad una esplosione.
Nel caso in cui la colonna montante si danneggiasse ulteriormente le perdite di petrolio potrebbero diventare incontrollabili e liberare un volume di greggio superiore ad ogni aspettativa.
La Transocean è la maggiore compagnia di trivellazioni off shore al mondo, con sede principale in Texas ma controllata dalla svizzera Zug, e la sua piattaforma crollata è gestita dalla compagnia petrolifera britannica BP (British Petroleum).
Un disastro ambientale senza precedenti per la storia americana. La marea nera ha già raggiunto alcune coste del golfo del Messico intrappolando cinquemila delfini e ricoprendo le ali degli uccelli, paralizzandoli sulle rive. A rischio anche la bellissima Red Fish Bay, uno dei parchi naturali aree protette.
Intanto il presidente Obama, attaccato dagli ambientalisti tra cui Bobby Jr. (figlio di Bob Kennedy) e accusato di aver reagito troppo lentamente al disastro, ordina di fermare le trivellazioni offshore per almeno un mese, finchè non sia stata fatta chiarezza sull’accaduto. Decisione presa anche per il fatto che sono passati solo dieci giorni dall’esplosione sulla piattaforma e in un canale del Delta vicino a Morgan City si è rovesciata una unità mobile di trivellazione (dotata di un serbatoio capace di contenere 80.000 litri di diesel, non sembrerebbe stia perdendo carburante ma per precauzione sono state alzate barriere galleggianti di contenimento).
“Il governo è pienamente preparato e sta facendo tutto il necessario” ha riferito Obama, e il ministro dell’Interno, Ken Salazar, dovrà far rapporto entro 30 giorni sulle tecnologie e le precauzioni da prendere per evitare di ripetere un incidente come questo.
Al gigante petrolifero BP responsabile del disastro viene chiesto di fare di più per contenere il danno causato, poichè le risorse che ha promesso non bastano.
E dopo la Luisiana, la Florida e l’Alabama, lo stato d’emergenza, inteso come una grave minaccia all’ambiente e all’economia, è stato decretato anche dal Mississipi, dove sono arrivate le prime onde di petrolio, e la popolazione delle coste, la cui principlae attività e fonte di guadagno è rappresentata dalle pesca, si prepara al peggio.
Sotto l’ordine del ministro della difesa Robert Gates sono stati mandati dal Pentagono due C-130 per debellare il petrolio assassino mediante appositi solventi e l’acre odore el petrolio, sospinto dal vento, è arrivato fino a New Orleans, oltre 100 chilometri a nord.
Gli sforzi di contenimento della oleosa macchia nera, di cui si stanno occupando una settantina di navi, vengono complicati dal maltempo e secondo i calcoli della NOAA il volume di petrolio diffuso nel golfo del Messico eguaglierà tra 55 giorni quello dell’Alaska, mentre ci vorranno tre mesi per tappare le falle che si sono aperte nel fondo del mare a a seguito dell’esplosione.
Bobby Jindal, governatore della Louisiana, ha annunciato che anche i detenuti contribuiranno alle operazioni di salvaguardia ambientale contro la marea nera di petrolio. Il Dipartimento di Correzione stà infatti collaborando con il Dipartimento per la Fauna selvatica e la Pesca per addestrare detenuti alle operazioni di ripulitura dal petrolio, aiutando così le agenzie federali.