Dalla qualità e dalla trasparenza delle fasi di produzione di un prodotto alimentare italiano, dalla lavorazione della materia prima fino all’informazione ai consumatori, dipende il successo del Made in Italy alimentare. E la credibilità consolidata nel corso degli anni dagli agricoltori italiani, come garanzia della qualità delle loro produzioni, rappresenta un patrimonio da difendere nei confronti di coloro che cercano di sfruttare con falsi e contraffazioni la fiducia da loro conquistata, vendendo prodotti “taroccati”.
Ma non è d’aiuto la legislazione italiana che, come fa notare Marini, permette di spacciare come Made in Italy circa la metà della spesa fatta dagli italiani, perché non esiste l’obbligo di indicare sull’etichetta l’origine della materia prima in una buona percentuale di prodotti alimentari in vendita.
Secondo Coldiretti, l’inganno del falso Made in Italy, ossia la vendita in Italia di prodotti alimentari pagati come italiani ma che non lo sono, costa ogni anno diversi miliardi alle tasche dei consumatori.
Un truffa che riguarda ad esempio due prosciutti su tre apparentemente “italiani” ma provenienti da maiali allevati all’estero, come anche tre cartoni su quattro di latte a lunga conservazione stranieri ma senza indicazione in etichetta e come un terzo della pasta, ottenuta da grano coltivato fuori dall’Italia all’insaputa dei consumatori.
L’importanza di mettere in evidenza l’origine del prodotto è data anche dal fatto che il 97 per cento degli italiani, dichiara Coldiretti, ritiene opportuno che sia sempre indicato sull’etichetta il luogo di coltivazione o allevamento dei prodotti contenuti negli alimenti.
Grandi passi sono già stati fatti negli ultimi anni per la tutela dei prodotti Made in Italy, come l’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, il codice di identificazione per le uova, il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, la zona di mungitura o la stalla di provenienza del latte fresco, l’etichetta del pollo “nostrano” a seguito dell’influenza aviaria, l’etichettatura di origine per la passata di pomodoro, e per le olive impiegate nell’extravergine.
Ma ci sono ancora molti prodotti da tutelare, l’etichetta resta anonima e di origine pressochè sconosciuta per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali, il latte a lunga conservazione e i formaggi non DOP.