“L’imprenditore siciliano non deve più essere soffocato, ma sentirsi libero di svolgere la propria attività in un territorio che adesso deve rinascere”, ha detto Elio Sanfilippo, presidente Legacoop Sicilia.
“Non miriamo alla repressione, ma ad agire ancor prima che la situazione diventi patologica – ha spiegato Maurizio De Lucia, pm della Direzione nazionale antimafia -. Se sul tavolo dell’imprenditore c’è la pistola, vuol dire che quell’impresa è già fuori dal mercato. Dobbiamo prevenire che ciò avvenga, specialmente fornendo i giusti strumenti”.
“Esistono anzitutto le norme dello Stato – ha detto Nino Caleca, avvocato penalista e consulente giuridico di Legacoop Sicilia – ma esistono anche delle scelte che vanno oltre la legge. Si tratta di veri e propri “patti” che svolgono due funzioni: una pedagogica, che punta alla coscienza civile nell’industria, l’altra manageriale, che va di pari passo col fenomeno della criminalità. La grande distribuzione – ha aggiunto – è purtroppo uno dei settori più a rischio di infiltrazioni mafiose. Per questo è necessario un protocollo tra le imprese e le prefetture, che possa condurci all’individuazione dei singoli imprenditori. Una sorta di monitoraggio continuo – ha concluso il legale – che possa garantire una sicurezza simile a quella che già esiste nei settori dei grandi appalti e del calcestruzzo”.
Serena Marotta
(15 aprile 2011)