Palermo, movida: Roket ed Exit

(foto di Serena Marotta)

C’è una linea immaginaria che li divide, eppure si trovano uno accanto all’altro. Sono due locali della movida notturna palermitana che in comune hanno solo uno spazio, piazza San Francesco di Paola, ma di fatto rappresentano due mondi diversi: uno è quello etero del Roket, l’altro è quello omosessuale dell’Exit. Una linea che Massimo, quattro anni fa, ha deciso di oltrepassare. È sabato sera, riuscire a farsi spazio tra i ragazzi che popolano la piazza non è semplice. Chioma folta, amanti della musica punk rock, di età inferiore ai 30 anni: sono loro i ragazzi del Roket. Per loro, nessuna paghetta settimanale: studiano e lavorano part time per mantenersi, ma vivono con mamma e papà. E tutto senza rinunciare all’appuntamento settimanale con gli amici al Roket e al loro drink preferito da tre euro: vodka liscia e Redbull.

(foto di Serena Marotta)

“Perché vengo qui? Per ascoltare della buona musica”, dice Nicola Romeo. Lui ha 22 anni e da tre frequenta il Roket insieme all’amico Francesco Montinaro. Lavora come tecnico all’Istituto nazionale di vulcanologia e geofisica. Il rapporto tra i due locali? “Non veniamo qui per guardare dall’altra parte – dicono i due amici. Ognuno parla la sua lingua e vive la sua storia”. Francesco Lo Faso, 26 anni, studia Economia. Lavora in un call center. Guadagna 500 euro e riesce a mantenersi all’Università. E il sabato sera, si concede un giro al Roket con gli amici. Giorgia Zambito, 21 anni, abita in viale Lazio. Lei frequenta il Roket da un anno. Non solo nel weekend, ma anche durante la settimana. Poi c’è chi va al Roket per seguire un amore: Virginia Glorioso, 24 anni, è la ragazza di Marco Bonazzi, uno dei barman. Bionda, occhi azzurri, capelli legati con una coda, ha il volto da bambina ma vuole dimostrare più della sua età. E tra le pareti tappezzate di cartoline di Elvis, quadri e ghirlande di carta che vengono giù tra le bottiglie del bancone, ci sono Marco Bianco e Claudio Sciarrino, i due giovani proprietari del Roket. La chiave del loro successo? “Simpatia, musica di qualità e drink a basso costo”, spiegano.

Intanto, dall’altra parte della linea, all’Exit, c’è Massimo che, con i suoi occhioni neri, osserva tutto. Ha 26 anni e studia Scienze politiche. Sogna di fare lo scrittore. Legge cinque libri a settimana e preferisce gli autori orientali. Ha conosciuto l’Exit frequentando il Roket, quattro anni fa, con i suoi amici, ex compagni di scuola. Oggi ci sono anche i nuovi amici dell’Exit. Tra i due locali però preferisce quello etero: “Al Roket – dice Massimo – non importa chi sei. Qui invece c’è la tendenza a chiudersi, a nascondersi”. E anche lui si nasconde: lo fa a casa con i genitori, lo fa di giorno tra la gente. La sera invece si sente libero di svelare la propria identità. E non è il solo. Giuseppe ha 47 anni, e frequenta l’Exit dal ’97. È impiegato in un ente pubblico, e questo gli impedisce di dare il suo cognome, di farsi scattare una foto.

Tra luci soffuse e profumi orientali, l’Exit accoglie una clientela di tutte le età: dai 18 ai 60 anni. Qui, si conoscono tutti. Tony Cacace, 49 anni, lavora in un’agenzia di viaggi. Frequenta il locale da sempre. Tony ricorda con piacere la prima festa organizzata all’Exit, quando il locale era relegato in una stanza. Il pub, infatti, è nato dodici anni fa come associazione culturale con 3500 tesserati: prima confinati in una stanza per nascondersi “dagli occhi” della piazza, adesso, anche all’aperto, sotto la luna. Un cambiamento che è stato possibile “grazie al coraggio del nostro amico, Gaetano”, spiegano i clienti. Gaetano Marchese è il titolare dell’Exit – unico locale gay della città – che per anni ha fatto da “scudo”, tra insulti e uova lanciate contro il locale dai ragazzini, e la disapprovazione del parroco della chiesa. Oggi l’atmosfera è rilassata. In più, ogni venerdì sera, Gaetano offre un diversivo ai clienti: prende in affitto il Rise up, una discoteca in via Ugo La Malfa, dove si esibiscono le “Drag Queen”. Serate che hanno riscosso successo anche tra gli etero, tanto che, per limitarne l’accesso, sono nate delle card numerate.

All’Exit, ci sono Francesco e Salvo. Vivono insieme da 7 anni. Loro viaggiano molto, sentono il bisogno di evadere: “A Roma, Berlino, Parigi, Praga la sessualità viene vissuta liberamente. Si è prima di tutto persone. Poi omosessuali. Palermo è una città tollerante ma non accogliente”, raccontano. Intanto, un amico si avvicina per salutarli e bacia Francesco sulle labbra. Ma Salvo dice di non essere geloso: “Non vedo niente di male in un bacio. Il nostro mondo lascia da parte l’ipocrisia tipica degli eterosessuali”. Poco più avanti, sedute ad un tavolo sotto il gazebo, ci sono Catia e la sua compagna: lei non vuole parlare. Catia ha 35 anni e fa la contabile. Non vuole dare il suo cognome: si chiude di fronte ad una società siciliana che definisce ancora arretrata. Preferisce parlare dei suoi progetti con la fidanzata: “Stiamo insieme da tre anni – dice – e presto andremo a convivere”. Alle 3 del mattino i due locali sono ancora pieni di gente. Mohanmed, il posteggiatore, è già andato via: domattina dovrà alzarsi presto per fare il lavavetri. Lui viene dal Bangladesh, ha 29 anni, e da cinque vive a Palermo.
Serena Marotta
(4 giugno 2011)

1 commento su “Palermo, movida: Roket ed Exit”

  1. Cara Serena,
    perdonami, non vorrei sembrarti scortese, ma…ti fai di crack?!
    Innanzitutto ti farei notare che uno dei due bar di cui tu parli è chiamato RoCKet e non RoKet (come scritto bello chiaro ed evidente sull’insegna…). Poi, il mondo etero del Rocket?! Va’ bene che l’Exit sia un locale principalmente frequentato dalla clientela gay nonché punto di ritrovo per la comunità omosessuale (anche se detesto parlare di comunità gay visto che, per quel che mi riguarda, esiste una sola comunità: quella fatta di persone), ma lasciare ad intendere che al Rocket ci siano delle sottili discriminazioni mi pare alquanto inappropiato. Per quanto ne so’ io, chiunque può entrare al Rocket, com’è normale che sia. Senza contare che non so’ chi tu abbia intervistato fuori dal locale, ma descrivere la clientela con tesuali parole: “Per loro, nessuna paghetta settimanale: studiano e lavorano part time per mantenersi, ma vivono con mamma e papà. E tutto senza rinunciare all’appuntamento settimanale con gli amici al Roket e al loro drink preferito da tre euro: vodka liscia e Redbull” è un tantino ridicolo. Ma poi scusa, folte chiome?!?!?! Non è una parrucchieria, è un pub!
    Inoltre credo tu sia rimasta parecchio indietro e ciò che mi ha lasciato attonita, e in seguito fatto sorridere, è la data “4 giugno 2011”. Il Rocket come lo descrivi tu, almeno esteticamente (come nella prima foto), era così quando io avevo 16 anni e adesso ne ho quasi 22!
    L’aspetto del locale è cambiato tanto da allora. Non ci sono più i muri di legno da un bel pezzo. Hanno fatto delle modifiche sui muri, poi dinuovo e poi dinuovo ancora. I tavoli sono diversi sia dentro che fuori, adesso c’è anche un biliardino. Organizzano concerti e Dj set. Avevano anche spostato i bagni per un periodo, se vogliamo proprio essere precisi…
    E nella prima foto c’è un ragazzo che lavorava lì tanto tempo fa’, ma non ci lavora più da un bel pezzo ormai!
    E poi guarda, di alcune persone intervistate hai messo nome, cognome e anche la via in cui abitano! Cosa non molto rilevante. Volevi metterci, non so’, anche il codice fiscale, la partita IVA, il codice IBAN, nome sul citofono e cognome da nubile della madre?!
    Anche l’ambiente è cambiato un po’, alcune persone che andavano lì anni fa’, non si vedono più. Insomma, credo tu sia rimasta mooolto indietro e, al di là del lasso di tempo, penso tu abbia le idee un tantinello confuse.
    L’unica cosa giusta che hai scritto, è la parte riguardante la buona musica e la cordialità dei proprietari. Per il resto, non so’, forse il giornalismo non è proprio il tuo campo.
    Informati bene prima di scrivere un articolo e aggiornati!

    P.S.: ghirlande a tignitè proprio (…)

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