Si aspettavano in molti il taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, ma a quanto è possibile evincere dalle reazioni dei principali esperti, la mossa di Jerome Powell e del suo board è stata accettata a difficoltà e considerata una “mossa sbagliata”.
Analisti non contenti del taglio della Fed
“Wrong way” sono le due parole scelte nella maggiore parte dei casi dagli analisti per definire quel taglio dei tassi di interesse pari allo 0,25% annunciato dal governatore della banca centrale americana lo scorso giovedì. Un passo tanto invocato, anche in modo non consono dal presidente Donald Trump e giustificato dalla Fed attraverso le pressioni geopolitiche internazionali portatrici di incertezza. Una decisione che, è chiaro, accontenta davvero poche persone e non per una potenziale perdita di credibilità, quanto per la paura che una decisione del genere possa riflettersi in malo modo sul Pil americano.
Prima del taglio dei tassi e del cambio di politica dello scorso gennaio la Fed aveva avviato un processo di normalizzazione della politica monetaria che stava andando abbastanza bene grazie anche ai quattro aumenti del costo del denaro nel 2018 e con il restringimento del bilancio eseguito dalla banca nei mesi precedenti.
Donald Trump e le pressioni della Fed
Non si può non pensare che questa decisione presa da Jerome Powell e dal comitato preposto della Fed non sia legata alle pressioni subite dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel corso dei mesi: e va sottolineato come la Federal Reserve sia stata in grado di reggere fino a questo momento senza cedere. Il problema è che l’intero settore economico è cosciente che questo, a dispetto delle parole del governatore, sarà il primo tassello di un’economia più accomodante pur non essendoci al momento il bisogno della stessa. Purtroppo con il suo potere e la sua pressione la Casa Bianca è forse l’unico organismo che a lungo andare può influenzare la Fed.
Ora bisognerà verificare se la reazione auspicata, ovvero quella dello stimolo ai consumi ed agli investimenti, avverrà effettivamente: nel caso ciò avvenisse si avrebbe anche uno stimolo ulteriore e ben accetto all’inflazione. In caso contrario a beneficarne sarà stata solo Wall Street e la Fed dovrà fare attenzione: se dovessero presentarsi dei problemi (leggasi recessione, N.d.R.) per i quali il ribasso dei tassi rappresenterebbe la soluzione avrebbe a disposizione meno possibilità da sfruttare prima di arrivare a tassi zero.
E non solo, nell’era pre Trump è stata registrata anche una crescita del Pil pari al 7%: sarà dura se il rapporto debito-Pil dovesse salire.