La Cgil lancia l’allarme sui dati dell’occupazione, che nonostante siano abbastanza positivi, devono essere, secondo il sindacato, analizzati nei dettagli. E proprio da questa analisi che la Cgil pesa bene i numeri, lanciando l’allarme sulla precarietà.
È vero che in generale i dati sono positivi, ma aumentano i contratti a termine, e sul lungo periodo il sindacato esprime la sua preoccupazione, attraverso uno studio della fondazione Di Vittorio. Cresce il numero di occupati nel confronto tra il secondo trimestre 2019 e del 2018, ma l’analisi parla di un peggioramento della qualità del lavoro.
Meno ore, più part time e lavoro determinato ‘involontario’. Aumenta dunque il precariato perché le aziende utilizzano i part-time per essere più competitivi, impoverendo però al contempo i lavoratori, e di conseguenza le possibilità di consumo interno da parte delle famiglie.
I dati
Il secondo trimestre 2019 cede 283mila occupati in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma questo aumento è tutto precario, visto che i contratti a tempo indeterminato scendono di 544mila unità. Diminuiscono anche i lavoratori autonomi, con 581mila autonomi a tempo pieno in meno, 51mila Part-time in meno.
I contratti part-time aumentano di 732mila unità per tempo indeterminato e si 385mila unità per il tempo determinato. I contratti a tempo determinato aumentano in tutto di 726mila unità.
Per la Cgil “la qualità dell’occupazione italiana, nonostante la variazione positiva dello stock di occupati, peggiora sensibilmente, anche per le caratteristiche di “involontarietà” che la contraddistinguono”.
L’affermazione trova riscontro nei dati sulle ore lavorate, che diminuiscono del 5,1% nel confronto tra il secondo trimestre del 2019 e del 2018. Per gli autonomi questa diminuzione arriva al 14,1%. Ora l’Italia vede nella sua forza lavoro una percentuale di indipendenti del 23%, mentre nell’Unione Europea siamo al 15%.
Anche se in Europa la percentuale di part-time è leggermente superiore rispetto a quella italiana, il rapporto si sofferma sul part-time involontario, che invece nel nostro paese è salito vertiginosamente nell’ultimo anno, passando dal 26,5% al 64,2%, un numero che significa 2,9 milioni di lavoratori.
Scendono anche le ore lavorate, del 33,6% in Italia, mentre in Europa le ore lavorate in meno sono in media il 17,5%.