Una carriera, la sua, costruita con fatica, anni di gavetta inseguendo le notizie sul campo. Aveva cominciato con il periodico “Osservatorio sulla Camorra”, poi aveva avuto l’opportunità di lavorare come corrispondente del Mattino da Torre Annunziata. Da qui il passaggio alla sede centrale per sostituire i colleghi in ferie: era lì da solo due mesi e stava per ottenere il tanto desiderato contratto d’assunzione come redattore, quando i killer del clan Nuvoletta e Gionta si sbarazzarono del giovane cronista che faceva troppe domande. Dopo il delitto ci fu una tormentata vicenda giudiziaria, che sfociò nel nulla. Faldoni di inchieste fallite, menzogne: si arrivò persino ad affermare che il giornalista sarebbe stato eliminato per qualche questione di carattere personale.
Tutto sarebbe finito in una bolla di sapone, se il pm Armando D’Alterio – sulla base delle dichiarazioni del pentito Salvatore Migliorino, cassiere del clan Gionta di Torre Annunziata, non avesse deciso di riaprire il fascicolo. Le sentenze, confermate dalla Cassazione, hanno stabilito che l’omicidio fu compiuto dalle cosche dei Gionta e dei Nuvoletta: condanne definitive per i mandanti Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante e per i sicari Ciro Cappuccio e Armando Del Core. La sua eliminazione fu decisa dopo un articolo di Siani, pubblicato il 10 giugno 1986, dove svelava che l’arresto del boss Valentino Gionta era stato possibile grazie a una soffiata dei Nuvoletta.
Ecco l’intervista al regista Marco Risi dell’8 ottobre 2009, durante il Festival della Legalità, a Villa Filippina, a Palermo, prima della proiezione del film “Fortapasc”, che ripercorre gli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani.
Serena Marotta
La curiosità innata porta a lungo andare al mestiere del giornalismo che può apparire anche di spionaggio per gli antagonisti.