Sono bastati pochi mesi di analisi a Firenze per scoprire la verità sulle origini del dipinto, finora considerato una copia, ma avente alcuni particolari che non hanno ingannato la sensibilità di Mario Scalini, titolare della soprintendenza di Siena e Grosseto e soprintendente ad interim di Modena e Reggio Emilia.
Il primo indizio a far notare a Scalini che si trattava di una “copia” molto particolare è stato il tratto finissimo del disegno; poi la cornice, ‘di galleria’ secentesca, sicuramente non adatta ad un ritratto di poca importanza.
Grazie alle analisi effettuate dal laboratorio fiorentino Art-Test, coordinate dalla restauratrice Lisa Venerosi Pesciolini, e finanziate dalla banca popolare dell’Emilia Romagna, si è scoperto che l’opera è stata più volte restaurata, nel ‘600 e nell’800. Questo ci può far capire come essa fosse tenuta in grande considerazione.
Successive analisi fatte al di sotto degi strati di restauro, che hanno col tempo addolcito la figura rendendola piu’ apprezzata dai gusti dei secoli successivi, hanno confermato l’intuizione di Scalini svelando il disegno originario, un frammento della prima redazione di mano di Raffaello della famosa ‘Madonna della Perla’, dipinto impostato dal maestro e condotto a perfezione dopo la sua morte dall’allievo Giulio Romano, e conservato al museo del Prado di Madrid.
Il ritratto di donna risale al 1518-1520, gli ultmmi anni di vita del famoso artista.
La scoperta, di grande importanza anche che per la valorizzazione del patrimonio culturale estense conservatoci, verrà illustrata al pubblico nel corso delle conferenze finanziate dalla Cassa di Risparmio di Modena e Reggio Emilia.
La ‘Perla modenese‘, così è stata battezzata da Scalini e Venerosi Pesciolini, si potrà prossimamente vedere in esposizione a Siena.