Che le città italiane non brillino come best practices in ambito internazionale nella strada del raggiungimento degli obiettivi sul clima è ben noto. Ma quanto sono lontane dai target previsti per il 2030?
Purtroppo, molto. E a sostenerlo è il nuovo report Clean Cities condotto da Legambiente all’interno dell’omonimo progetto itinerante, che ha toccato 15 capoluoghi italiani accendendo i riflettori su alcuni dei principali indicatori urbani, come ciclabilità, mobilità elettrica, sicurezza, inquinamento dell’aria.
Traffico e sicurezza
I risultati non sono stati molto generosi. In particolare Legambiente indica come estremamente gravi gli indicatori di traffico e sicurezza, relativamente agli incidenti e all’inquinamento. Le città più inquinate e meno sicure sono Roma, Ancona, Cagliari, Catania, Padova, Perugia e Pescara. Di contro, le città sufficienti per la ciclabilità, l’elettrificazione dei mezzi pubblici e la sharing mobility sono Bologna, Milano e Firenze.
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Le città ciclabili
A proposito di mobilità sostenibile, per quanto concerne la sola ciclabilità, le città più virtuose sono Torino (79% dei chilometri realizzati), Milano (63%), Padova (58%) e Firenze (51%), seguite da Cagliari (44%) e Bologna (39%). Sono invece molto più arretrate Pescara (30% dei chilometri realizzati), Roma (28%), Palermo (20%), Bari (20%), Perugia (18%), Genova (16%), Napoli (16%), e soprattutto Ancona (7%) e Catania (2%).
Il pericolo dei PM10
Su tutti gli indicatori, però, Legambiente sembra soffermarsi soprattutto sul più grave: in tutte le 15 città interessate dalla campagna, infatti, la quantità di PM10 supera il valore soglia indicato dall’OMS, pari a 20 microgrammi per metro cubo, con picchi di criticità riscontrati a Torino (35), Milano (34) e Padova (33).
Una riflessione che non può che riguardare anche il piano economico, considerato che i costi medi annuali per abitante relativi ai costi sociali e ambientali dell’inquinamento (dalla perdita degli anni di vita ai ricoveri ospedalieri, passando per le giornate di lavoro) sono pari a circa 3 mila euro l’anno, ovvero più del 5% del Pil pro-capite.