Con tutto quello che si sente in giro anche all’estero è facile che aumenti la sensibilità e l’attenzione nei riguardi di chi esercita la forza e diventa violento o spietato con i più deboli. E allora per quale motivo la legge che istituisce il reato di tortura in Italia è stata di nuovo rinviata?
Il motivo per cui si è iniziato a discutere mandando tutto alle ortiche sembra essere la proposta di reintrodurre la parola “reiterate” in relazione alle azioni violente, come se la tortura possa essere considerata tale soltanto se riproposta più volte. E gli atti di violenza?
Con la reintroduzione dell’aggettivo in questione, il primo articolo sarebbe qualcosa del genere:
Chiunque, con violenza o minaccia grave, cagiona reiterate lesioni o sofferenze fisiche o psichiche ad una persona, al fine di ottenere da essa o da altri informazioni o dichiarazioni ovvero di punirla per un atto che essa o altri ha commesso o è sospettata di aver commesso ovvero di intimorirla o di condizionare il comportamento suo o di altri, ovvero per motivi di discriminazione etnica, razziale, religiosa, politica, sessuale o di qualsiasi altro genere, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica a chi istiga altri alla commissione del fatto o non ottempera all’obbligo giuridico di impedirne il compimento.
Il Post (noto giornale online) ha spiegato qualcosa sul reato di tortura in Italia:
L’Italia ha da tempo ratificato la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ma non si è dotata di una legge specifica sul reato di tortura, inteso da parte di agenti di polizia e altri pubblici ufficiali. Il Codice penale prevede, all’articolo 608, limiti per le “misure di rigore” che le forze di polizia possono attuare nei confronti delle persone che si trovano in stato di fermo e arresto, ma non ci sono molti riferimenti a tutele e garanzie. Altri tre articoli (581, 582 e 612), sono invece dedicati ai comuni cittadini che procurano ad altre persone minacce, lesioni, danni fisici o psichici e prevedono pene fino a un massimo di 3 anni, ma non si applicano per i pubblici ufficiali e le forze di polizia. Il Codice penale non identifica reati specifici per azioni di questo tipo, compiute da chi è pubblico ufficiale, con abuso di autorità verso i singoli cittadini privati.