Anche a settembre si è registrata una frenata delle esportazioni, evidenziando un calo delle vendite oltre confine del 4,2 per cento rispetto al mese precedente.
E per fare affari l’Europa ci va stretta: la Germania ha ridotto del 10,3 per cento gli acquisti di nostri prodotti, così come Francia e Spagna, che hanno ridotto gli acquisti in casa nostra. Solo il Regno Unito mantiene un dato positivo, con +1 per cento. E così le aziende italiane devono andare verso gli Stati Uniti e il Giappone, mercati ancora floridi.
Per quanto riguarda i settori, si salvano solo l’alimentare e la farmaceutica (due dei settori del lavoro che assumono di più), mentre tessile, abbigliamento, elettronica e gomma-plastica sono in negativo.
«Questi dati significano che il commercio mondiale si è fermato e che la politica dell’eccessiva austerità che ci ha imposto l’Europa non paga», dichiara Marco Fortis, docente alla Cattolica di Milano.
Le esportazioni italiane sono salite nei primi nove mesi del 2012 del 3,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre si sono ridotte molto le importazioni, danneggiando anche la Germania, soprattutto nel settore dell’automobile e infatti solo gli italiani nei primi otto mesi dell’anno hanno importato 1,6 miliardi di euro di vetture tedesche in meno.
Dato preoccupante: le aree più colpite sono il Nord Est e il Centro Italia, mentre il Nord Ovest ha segnato una crescita delle esportazioni dell’1,3 per cento, in rallentamento però rispetto al periodo luglio-dicembre 2011.
Ma sempre secondo Fortis i problemi delle esportazioni non dipendono solo dalle dimensioni delle imprese: infatti ve ne sono circa 38mila che hanno più di 10 addetti e sono in attivo sui mercati esteri, ma sono le grandissime aziende che in Italia sono sempre meno, acquistati da stranieri o spariti. Le nostre imprese continuano però a investire in innovazione se compariamo i dati della Germania che spende l’1 per cento del Pil in ricerca, circa 16 miliardi di euro (ma ha quattro colossi dell’auto), mentre la Fiat spende appena 1,6 miliardi circa all’anno. Anche le tasse ridotte alle imprese che assumono giovani è un punto a favore del nostro Paese.